A marzo del 2006 compare, per la prima volta, alla Fiera Internazionale della Gioielleria a Hong Kong, un nuovo materiale “gemma” denominato ambra verde dal colore verde brillante (simil-peridoto) e talvolta giallo-verde brillante, trasparente e dal lustro sub-vitreo (Fig. 1).

Un’azienda, con sede a Hong Kong, la rivendeva come ambra verde, non specificando, però, la provenienza dei giacimenti (informazione estrapolata dall’articolo di Abduriyim A., et al., 2009).
Abbiamo trovato lo stesso tipo di materiale, a Tucson, alla Fiera di febbraio 2008. Veniva proposto, da una ditta, con sede in Lituania, come “ambra baltica estremamente rara”.
Alla Fiera di Hong Kong di marzo 2009 ci siamo imbattuti in un’altra ditta, con sede in Lituania, che proponeva un vasto assortimento di questo materiale. Una nota esplicativa, allegata ai prodotti in vendita, lo definiva “ambra verde caraibica proveniente da: Brasile, Colombia, Ecuador, Guatemala e Venezuela”.
Riteniamo utile ricordare che l’ambra naturale verde nota (attualmente), e di provenienza geografica certa, si rinviene unicamente in Messico e nella Repubblica Dominicana ed è estremamente rara (Fig. 2).
E’ altresì anomalo che tutte le informazioni relative alla localizzazione certa degli ipotetici giacimenti di questo materiale, fossero contradditorie e nebulose.
Abbiamo deciso quindi di caratterizzarlo effettuando analisi gemmologiche standard su 97 campioni, comparandoli con i risultati che abbiamo ottenuto su campioni di ambra naturale messicana, ambra naturale baltica e di resina naturale non fossilizzata (altrimenti nota come copale) proveniente dalla Colombia (Fig. 3).



Tra i test effettuati, le prove di galleggiamento e solubilità (Fig. 4), hanno fornito risultati assimilabili a quelli osservati in campioni di copale colombiana. Successivamente abbiamo sottoposto a FTIR (analisi spettrofotometrica all’infrarosso a trasformata di Fourier) alcuni campioni di ambra naturale del Messico (tra cui uno di ambra naturale verde), di copale della Colombia e del materiale in questione. L’analisi FTIR ha evidenziato (con variazioni minime) su tutti i 97 campioni, picchi a: 635, 697, 888, 945, 1255 e 1446 cm-1 caratteristici di una resina immatura (copale). Vedi Fig. 5.
La nostra conclusione, quindi, è che tutti i 97 campioni analizzati siano: copale colombiana sottoposta ad un processo multi-stage di riscaldamento in autoclave a pressioni crescenti.
Questo processo è stato ben descritto nel lavoro di Abduriyim A., et al., effettuato tra il 2007 e il 2008, e pubblicato inizialmente in Giappone nel 2008. Nello stesso studio si indicava, inoltre, la presenza di un picco, tipico dell’ambra verde, a 820 cm-1; lo abbiamo riscontrato in tutti i 97 campioni analizzati (vedi ancora Figura 5).
Questo picco sarebbe diagnostico del processo multi-stage. Non a caso non si riscontra nell’ambra naturale e nella copale naturale.
Le notizie ricevute riguardo una massiccia e continuativa importazione di copale, tra il 2001 e il 2005, dalla Colombia verso l’Area baltica, alla luce di questo studio, sarebbero una CONFERMA.


Ringraziamenti
Un sentito ringraziamento al collega e amico, Luigi Costantini, per le sue approfondite e importanti analisi microscopiche. Sottolineiamo inoltre, con gratitudine, la fattiva collaborazione dell’Istituto Tecnico Industriale Minerario (ITIM) “U. Follador” di Agordo (BL).
Autori
Enrico Butini, GG, FGA, Istituto Gemmologico Nazionale – Roma. E-mail: info@ignroma.it
Flavio Butini, GG, FGA, Istituto Gemmologico Nazionale – Roma. E-mail: info@ignroma.it
Giovanni Luca Cattaneo, Geologo, Libero Professionista – Roma. E-mail: ambar@ambarweb.it
Bibliografia